Giocare a Twickenham, il tempio del rugby, almeno una volta è il sogno di ogni rugbista. Il 9 marzo 2019 durante la partita del Sei Nazioni tra Inghilterra e Italia, Tommaso Castello corona quel sogno entrando al 22′ per sostituire l’infortunato Campagnaro. Dieci minuti dopo, però, il sogno si trasforma in incubo. Al 32′ tocca a lui uscire per infortunio: frattura scomposta del perone. Non metterà più piede in campo.
Pochi giorni fa, il 27 dicembre, l’annuncio del ritiro a 30 anni, dopo 18 caps con l’Italia, 54 con le Zebre con 6 mete e prima ancora tre scudetti vinti col Calvisano. «Avrei preferito non giocare mai a Twickenham e continuare ancora un po’, però un conto è farsi male cadendo dalle scale, un altro giocando nel tempio del rugby. Rimane un ricordo amaro, però se dovevo scegliere uno stadio dove rovinarmi la carriera…» ironizza il trequarti centro.
Ha effettuato quasi più interventi chirurgici in due anni e poco più (ben cinque) che mete con le Zebre (sei) dal 2016 a quel marzo maledetto, poi fisioterapia con costanza e dedizione incredibili: tutto inutile, purtroppo. «E’ che mi ero anche tranciato di netto il tendine deltoideo, poi era stato danneggiato anche l’astragalo. Ciò che mi ha perseguitato è stata la rigidità dell’articolazione. Finché facevo allenamento differenziato non c’erano grossi problemi, quando ho iniziato a fare collettivo, quindi con sforzi, mi dovevo sempre fermare perché mi si infiammava e mi faceva male. Devo ringraziare le Zebre che mi sono sempre state vicine, i vari preparatori e fisioterapisti».
In una fermata ai box così lunga i pensieri fanno a spallate. «Sono state montagne russe di emozioni, dal grande ottimismo allo sconforto. Avrei voluto smettere un anno fa, che mentalmente ero messo peggio, ma grazie al sostegno delle Zebre sono andato avanti, sperando nell’ultimo intervento».
Per quanto riguarda il futuro nel rugby «ora direi di no. Però in futuro, magari, lavorare coi ragazzini potrebbe essere un’opzione».
Castello è una persona posata, e ostinata, e il futuro dovrebbe dargli quanto gli ha tolto in parte il passato. Come direbbero a Twickenham: «All the best».